E' NATO IL 6° CAPITOLO DELLA STAFFETTA DI SCRITTURA CREATIVA

18.02.2012 20:22

E’ NATO IL CAPITOLO 6° DELLA STAFFETTA DI SCRITTURA CREATIVA

 

Gli alunni della 4^ B  hanno scritto il 6° capitolo della staffetta di scrittura creativa che fa parte di un progetto col quale  gruppi di 10 scuole, dislocate nel territorio nazionale, stanno scrivendo libri di narrativa sponsorizzati e pubblicati dal MIUR – BIMED. I libri con le indicazioni delle scuole e degli alunni partecipanti saranno  consegnati ai piccolo scrittori a  Pinerolo, il giorno 15 maggio, nel corso dell’incontro con gli scrittori che hanno redatto gli incipit dei libri.

 

SI ALLEGA DI SEGUITO IL 6° CAPITOLO DEL ROMANZO  :

 L’ALLERGIA DI  “A”

 

 

CAPITOLO VI     

IL MISTERO DEL COLORE

“ E’ ora di tornare nella terra misteriosa , nella terra degli aborigeni , nella terra della guarigione per nostro figlio”,affermò felice Bo. La gioia traspariva dai suoi occhi vispi e dal suo volto dai tratti mediterranei.

“ E’ proprio vero ,  la cura procede bene, i pensieri e la fantasia incominciano ad affacciarsi nella mente di  A, l’ALLERGIA  si allontana . Il dottor AISAT NAF ha fatto una scoperta prodigiosa. Funziona, funziona!  “  rispose Zoe abbracciando calorosamente il figlio, con il suo corpo non proprio da silhouette, a causa del suo lato debole, molto debole : i dolci.

Io tacqui. A me un po’ dispiaceva andarmene da quel luogo tanto familiare. Avevo seguito il mio migliore amico perché avevo desiderio di aiutarlo a guarire, ma ora incominciavo a sentire la nostalgia di casa, dei miei familiari, degli altri amici. Fu solo un attimo, poi ebbe il sopravvento l’amicizia , l’amicizia per  A.

Ho sempre aiutato  A da quando era stato colpito da quella stranissima malattia che lo costringeva a portare tappi alle orecchie ed enormi occhiali scuri. Che pena! A scuola, a casa, per le strade , nei negozi  era diventato un tormento per lui. No, no,  non potevo tirarmi indietro, dovevo aiutarlo!

A  intuì i miei sentimenti e mi guardò con gratitudine; il mio cuore si scaldò di gioia come quando avevamo scoperto  il rosso, il colore dell’amore per gli altri.

Si decise di partire. Il viaggio ebbe termine il pomeriggio del giorno dopo. Atterrammo nell’aeroporto vicino Alice Spring , la porta d’accesso all’Outback australiano, una terra di infinite pianure e infiniti racconti. La città moderna  e ricca di storia dell’epoca dei pionieri ci stordì con i suoi rumori : traffico, vocìo, confusione. Eravamo eccitati, anche  A partecipò alla gioia collettiva, ai pensieri, alla fantasia,  sapeva, però, che doveva essere cauto perché  la guarigione non era ancora completata.

Papà Bo fermò un taxi per rientrare nella casa messa a disposizione dal dottor Aisat Naf. Il paesaggio era spettacolare, invitava all’avventura.

Dal  finestrino vidi qualcosa di insolito : un dromedario!

“  Com’è possibile? chiesi all’autista, mentre indicavo  l’animale al mio amico A.

“ Sono stati importati dall’Afganistan parecchi decenni fa perché questa è una terra arida, bruciata dal sole, l’acqua scarseggia e i dromedari sono gli animali ideali per attraversare l’ outback o visitare Uluru e Kata Tjuta, luoghi meravigliosi che ogni turista dovrebbe vedere.”

“Noi non siamo turisti “ rispose  A , e si tolse gli occhiali per ammirare il cammino ondeggiante dei dromedari e per seguire con lo sguardo  le immense praterie che si estendevano appena fuori città. Guardava tutto con crescente curiosità, case colorate, alberi  sparsi qua e là, verdeggianti pozze d’acqua e una distesa di piante  dalle tinte violacee.

La casa, non molto lontana dalla città,  ci accolse stanchi per il lungo viaggio e per il fuso orario. Dopo un breve sonno ristoratore ci  svegliammo. Eravamo in cucina a gustarci un gelato quando  apparve A.  Lo guardammo meravigliati, con la bocca aperta per la sorpresa.

“ Mio Dio che ti è successo?” urlò la mamma mettendosi le mani ai capelli per la disperazione.

“Non è possibile, ho le allucinazioni”, aggiunse il padre.

Mi avvicinai per vedere  meglio; il naso era proprio ammosciato e dondolava; le braccia erano lunghe come quelle di un babbuino e camminava strascicando i piedi. Uno spettacolo inatteso e inspiegabile. Nessuno riuscì a capire la causa dell’allergia.

 Perché si era ripresentata l’allergia ? Quale colore l’aveva provocata ? E quando?

Senza perdere tempo il padre telefonò al dottor Aisat Naf e lo mise al corrente della spiacevole novità.

Senza scomporsi egli rispose :“ Venite domani mattina nello studio ed esamineremo attentamente il caso.  E’ necessario scoprire assolutamente quale colore ha provocato l’allergia a suo figlio. Il prisma è in grado di scoprirlo, non si preoccupi, riusciremo anche questa volta a guarire suo figlio.”

“Se questa notte peggioreranno i sintomi cosa dovremmo fare? “ chiese Bo.

“L’evoluzione dei sintomi è lenta e l’allergia  non cambierà in poche ore. Stia tranquillo e se A si innervosisce parlategli con calma e rassicuratelo che tutto andrà bene. Fatelo giocare con il suo amico, così si distrae e non pensa alla sua condizione fisica.”

Capii tutto al volo e tutta la sera inventai mille giochi per distogliere l’attenzione del mio povero amico dal suo corpo. Non fu facile, ma ci riuscii.

L a notte trascorse tranquilla. Il giorno dopo di buonora ci recammo  fiduciosi nello studio dello scienziato australiano. Entrammo, Aisat Naf era seduto sconsolato sulla  sua poltrona con la testa abbassata, non alzò nemmeno lo sguardo quando  entrammo allegri e pieni di speranza. Il ciuffo al centro della testa si congiungeva con le folte sopracciglia e tra queste si intravedeva  il naso a patata;  le labbra invece erano serrate e fecero fatica a pronunciare le prime parole.

“ Sono desolato, non so come sia potuto succedere. ..C’è l’antifurto nell’edificio!”.

“ Dottore si spieghi !” lo incitò Bo allarmato.

“ Mi dispiace, mi dispiace veramente, un furto …  questa notte.”

“Cosa le hanno rubato, dottore ? “ chiese ansiosa  Zoe.

“ Il prisma ! Un disastro, un disastro! Il prisma di Newton. Questa notte lo hanno rubato “

“No, no !!!” gridò Zoe “ Guardi, dottore, mio figlio com’è conciato! Chi lo guarirà ora? Come faremo?”

  La delusione fu enorme  per   A , le gambe non lo ressero più e cadde per  terra. Io e papà Bo lo tirammo su  mentre le lacrime bagnarono il suo naso ammosciato.

Il dottore si alzò, si avvicinò al piccolo paziente, gli prese la mano e gli disse: “ Non disperare, per tutto c’è una soluzione, io ho già ordinato  la costruzione di un nuovo prisma. Bisognerebbe pazientare qualche settimana .”

A lo guardò con gli occhi lucidi e ripose : “ Come farò nel frattempo?”

“Cercherò di stabilizzare l’allergia con delle medicine particolari “

“ E  se la cura non funziona ?” chiese.

“In tal caso bisogna attendere e sperare. Però sarebbe importante sapere quale colore ha provocato l’allergia. Tu non ricordi di aver visto un  qualcosa di diverso dai colori che ti sei abituato a vedere.? Cerca di ricordare. Hai tolto gli occhiali qualche volta?”

“ No, dottore,  li ho messi quando era necessario, quando ero nei luoghi che non conoscevo.”

Mentre il dottore parlava mi venne in mente il percorso fatto col taxi.

“ Ma sì, A, non ricordi, hai tolto gli occhiali quando abbiamo visto i dromedari?”

“ Sì, è vero,ora ricordo!”

“E hai visto qualcosa di insolito, una pianta, un fiore, una casa colorati in modo da te non conosciuto?” insistette il dottore

 “No, no,  dottore, ricordo che ro felice.”

“ E proprio questo sentimento abbinato a un colore da te sconosciuto che ti ha provocato l’allergia. “

“Dottor Aisat, io ricordo che c’era un prato pieno di piante violacee”,  intervenni agitandomi  pieno di speranza.

“ Il viola!Il viola! Molto bene. Il viola è il colore della spiritualità, non essendoci il prisma, A deve vivere una intensa esperienza per guarire dal viola e  scoprire un aspetto importante dell’umanità  e,  dato che è stato curato dal prisma, potrebbe verificarsi  che non abbia bisogno che il prisma stabilizzi la sua guarigione. Potrebbe autoguarire se l’esperienza sarà molto importante e spirituale. A voi al scelta, ASPETTARE O TENTARE una nuova esperienza.”

Papà e mamma  si guardarono e decisero all’istante :    “Vogliamo tentare!”

Come fare? L a soluzione venne data dall’autista, un aborigeno emigrato dalla sua tribù. Egli aveva chiesto spiegazione del nostro cambiamento d’umore e  aveva suggerito di recarci presso la tribù degli  Anangu che vivono nell’outback, tra  Uluru e  Coober  Pedy, la città sotterranea.  Il suo capo è  un vecchio saggio  di nome  AOOTA e sicuramente  ci avrebbe aiutati. L’autista si offrì di accompagnarci. Papà Bo noleggiò dei dromedari  e partimmo subito.

Dopo ore di cammino e di paesaggi sterminati e incantevoli, apparve una vallata enorme con delle piccole alture di forma geometrica ;  nulla faceva pensare che lì ci fosse una città sotterranea. Entrammo da una grande apertura da dove iniziavano dei gradini che portavano nel sottosuolo.  C’erano case e negozi che esponevano grandi quantità di opali di tanti colori. Era una meraviglia. Rimanemmo a bocca aperta. Io non sapevo che esistesse una città sotterranea, in seguito seppi che ce n’era un’altra anche in  Italia a DAMANUR , vicino Torino.

 La nostra guida, attraverso cunicoli  illuminati artificialmente, ci portò nel quartiere povero degli Anangu.  A faceva fatica a camminare e il padre lo sosteneva . Lì ci accolse Aoota, un anziano minuto, ossuto e dallo sguardo dolce e comprensivo. Non fu necessario parlare, aveva sentito a  distanza i nostri pensieri e sapeva già tutto. Aveva capacità telepatiche, come tutto il suo popolo, chiamato LA VERA GENTE.

Aoota mi piacque subito, era buono e accogliente. Ci mise subito a disposizione la sua misera casa, ci fece portare dalla moglie una bevanda che ci fece passare la stanchezza , poi prese un unguento odoroso, fece sedere A per terra e glielo spalmò sui piedi e sulle gambe. Le gambe ripresero energia e A sorrise sereno. Aoota chiese all’autista di tradurre le sue parole e ci spiegò che l’unguento era una soluzione temporanea per bloccare i sintomi dell’allergia,  per guarire doveva vivere l’esperienza della preghiera nel Monolite di ULURU.

“ Che tipo di preghiera fate e che funzione ha il monolite? chiese A

“ Lo scoprirete quando saremo lì. E’ ora di incamminarci” tradusse l’autista.

Egli chiamò quattro uomini della sua tribù e insieme uscimmo vestiti con una tunica bianca, fornitaci dalla moglie del capo tribù. L’autista ci aveva spiegato che quell’abbigliamento era necessario per potere resistere al caldo torrido dell’outback e che quel tragitto  era necessario per predisporre  lo spirito alla preghiera  e aiutare la Madre Terra e i suoi abitanti.

Bo, incuriosito, chiese maggiori spiegazioni e Aoota con l’aiuto dell’autista rispose:  “ La mia  tribù ha il sacro compito di salvaguardare la Terra dalle conseguenze mortali del buco nell’ozono. Gli uomini “civilizzati”  stanno  distruggendo il nostro pianeta  con le loro azioni sbagliate e l’ANIMA DELL’UNIVERSO ci ha indicato come fare per salvare La Terra  e i suoi abitanti da questa catastrofe. Il MONOLITE di ULURU è un accumulatore di energia benefica  e deve essere attivato periodicamente per portare in equilibrio l’energia  della Terra  e ricucire il buco nell’ozono  provocato dall’inquinamento . Solo la VERA GENTE  e le persone purificate con il percorso  della trasformazione possono fare parte della preghiera, entrare in contatto con la potenza  della propria mente e della propria  anima e attivare l’energia del Monolite.

Ero sbalordito, credevo di vivere in un sogno, ma era tutto vero poichè sentivo il caldo intenso e vedevo l’immensa  terra rossa  infuocata dal sole cocente.  Era un’avventura straordinaria! Dopo un giorno di marcia, la notte dormimmo sul suolo sabbioso, coperti solo da una pelle di dingo fornitaci dai quattro accompagnatori. Prima di dormire gli aborigeni ci spalmarono l’unguento miracoloso sui piedi e sulle parti bruciate dal sole. Io e A faticavamo a prendere sonno perché  guardavamo incantati  il cielo stellato, scoprimmo la posizione delle Croce del Sud e la indicammo ai genitori di A.

Dopo giorni di faticosa e dura  marcia con i dromedari  arrivammo a Uluru.  Ci apparve il monolite in mezzo a un deserto rosso, sembrava un cuore pulsante ed emanava un’energia misteriosa ; mi sentii in pace con me stesso, non sentivo la stanchezza. Notai che anche gli altri provavano la stessa sensazione; gli aborigeni sembravano in trance, camminavano come se stessero sognando.  Ai piedi del cuore pulsante ci fecero segno di disporci in cerchio e di ripetere con loro la  misteriosa  PREGHIERA  fatta di suoni dolci e ripetuti.

Dopo un tempo che non so definire il monolite emise delle vibrazioni colorate che si  propagarono  nel cielo a onde concentriche, come quando si butta un sasso nello stagno. Era una sensazione meravigliosa, noi tutti stavamo contribuendo alla salvezza del pianeta. L’emissione dell’energia benefica durò parecchi minuti. Noi restammo in cerchio  a guardare ammutoliti e increduli .

Sentivo pace, amore e gratitudine per quel popolo  altruista che in modo disinteressato agiva per aiutare il pianeta e i terrestri. Dall’espressione del volto di  A e dei  i suoi genitori, capii che anche loro provavano gli stessi sentimenti.

 Improvvisamente  e inspiegabilmente tutti guardammo nella direzione di A.  Stava succedendo qualcosa di insolito. A  ebbe un tremore in tutto il corpo, poi spontaneamente si toccò il naso. Era tornato normale. A lo toccava incredulo, poi si alzò,  lanciò un urlo di gioia e si mise a piroettare in mezzo al gruppo, felice che anche le braccia e le ossa erano tornate normali.

Aoota spiegò che la guarigione dal colore viola era definitiva; A poteva considerarsi guarito perché la sua mente aveva desiderato fortemente  guarire e l’ENERGIA DIVINA aiuta sempre chi vuole guarire veramente affrontando grandi sacrifici.

“Mancano pochi colori per la completa guarigione” , pensò mamma Zoe, “ e ora abbiamo due possibilità di guarigione: il prisma di Newton e la guarigione con l’aiuto della propria  mente e del  proprio cuore”.

 

DIREZIONE DIDATTICA 1° CIRCOLO  “CADORNA” DI SEREGNO (MB)

CLASSE  4^B   INS. EMANUELE VERDURA

 

 

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